Clausole “claims made”

Cass., civ., Sez. III, Ord. n. 12462.2024

In un caso di responsabilità medica in equipe la Corte di Appello di Roma, ai soli fini dei rapporti interni tra le parti, si era limitata ad operare un diverso riparto delle quote di responsabilità dei medici dell’equipe stessa, confermando per il resto la decisione resa in primo grado dal Tribunale Ordinario di Roma. Il Giudice di primo grado aveva accolto la domanda della paziente danneggiata riconoscendo alla stessa un’invalidità pari all’80%, aveva inoltre condannato in solido i medici dell’equipe al pagamento di determinate somme e accolto la domanda di rivalsa proposta nei confronti delle società assicuratrici nei limiti del massimale di polizza.

La Compagnia assicuratrice ha proposto ricorso incidentale avverso alla suddetta sentenza di secondo grado, denunciando tra l’altro la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1917, 1932 e 1322 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. Osserva la parte ricorrente che, contrariamente a quanto affermato dalla corte territoriale, è valida la clausola claims made in questione, la quale, oggetto di specifica contrattazione fra le parti, escludeva le richieste di risarcimento pervenute successivamente alla cessazione del contratto per qualsiasi motivo, pur in presenza di comportamento colposo posto in essere in costanza di efficacia della clausola, con previsione di un premio assicurativo molto basso rispetto al massimale assicurato per ciascun sinistro”.

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il suddetto motivo di ricorso incidentale statuendo che “Il rilievo di nullità della clausola in questione è stato basato dalla corte territoriale sull’arresto di questa Corte n. 8894 del 2020. Trattasi di precedente rimasto isolato nella giurisprudenza di legittimità. L’indirizzo cui va data continuità è quello secondo cui in tema di assicurazione della responsabilità civile, la clausola “claims made” non integra una decadenza convenzionale, nulla ex art. 2965 c.c. nella misura in cui fa dipendere la perdita del diritto dalla scelta di un terzo, dal momento che la richiesta del danneggiato è fattore concorrente alla identificazione del rischio assicurato, consentendo pertanto di ricondurre tale tipologia di contratto al modello di assicurazione della responsabilità civile, nel contesto del più ampio “genus” dell’assicurazione contro i danni ex art. 1904 c.c., della cui causa indennitaria la clausola “clams made” è pienamente partecipe (Cass. n. 12908 del 2022).

Come affermato dalle sezioni unite di questa Corte, il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, quale deroga convenzionale all’art. 1917, comma 1, c.c., consentita dall’art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all’art. 1322, comma 2, c.c., ma alla verifica, ai sensi dell’art. 1322, comma 1, c.c., della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale. L’indagine che il giudice del merito deve compiere riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto, sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti, ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l’osservanza, da parte dell’impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto delle “claims made”) e quella dell’attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale “on claims made basis” vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall’assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati (Cass. Sez. U. n. 22437 del 2018). A tale principio di diritto deve adeguarsi il giudice del merito in sede di rinvio”.